CON IL PANPEPATO E’ NATALE

A dicembre Natale è nell’aria. Basta che scatti il primo di dicembre e si materializza l’immagine luminosa del Natale…è il mese dell’attesa gioiosa e contagiosa…tutto intorno sembra suggerirlo.

Quando ero bambina c’era un giorno in particolare in cui si materializzava la certezza che Natale, come ogni anno, sarebbe arrivato. Era quando mia zia faceva il suo ingresso in casa per preparare i dolci natalizi.

Una vera festa per me, mia zia la vedevo spesso, già allora non ero attratta dalla cucina, eppure quel momento di tradizione, che si ripeteva immutato ogni anno, mi è sempre piaciuto e poi avevo la sicurezza che avrei avuto il mio panpepato. Vado matta per il panpepato. E’ un dolce tipico delle nostre parti, ma credo si faccia anche in altre regioni d’Italia.

panpepato

Vi scrivo la ricetta:

INGREDIENTI
noci 2 kg
nocciole 1/2 chilo
mandorle 1/2 chilo
pinoli 300 gr
uvetta 300 gr (deve essere ‘ammollata’)
cioccolato fondente 100 gr (deve essere grattugiato)
cacao dolce 70 gr (una busta)
noce moscata una spolverata
pepe un pizzico
miele 1 kg (se è denso scioglierlo)
buccia d’arancio grattugiata
canditi a piacere
alkermes o rum 1 o 2 cucchiai

Il peso della frutta secca è al netto (senza guscio)

PREPARAZIONE

Mescolare il tutto in una grande terrina. Non vi spaventate, il composto è una massa durissima e informe. Ci vorrà fatica e forza per mescolare bene e addensarlo. Naturalmente non immaginatevi un prodotto perfettamente amalgamato, la frutta secca è intera e non macinata, per cui rimarrà sempre “in evidenza”. Una volta che avete l’impressione che tutto sia più o meno legato, dovrete prendere una bella parte di composto e cerare di farne una pagnottella.

Anche in questo caso occorre una buona dose di muscoli. Vi dico che mia zia e mia mamma sbattevano energicamente il composto sul tavolo di lavoro, per dare forma e far amalgamare meglio tutti gli ingredienti. Senza indugio sbattete pure. E’ una prova di fatica, ma magari allenate i muscoli.

Una volta ottenute le pagnotte, adagiatele sulla carta forno in una teglia e lasciate riposare per un’ora. Poi infornate a 180 gradi finché non si sente il tipico odore di dolce cotto.

Non indico il tempo, perché non ne ho idea. Con mia madre e mia zia poi, è già tanto che sia riuscita a darvi le quantità. Hanno uno strano modo di fare dolci quelle lì… vanno a “senso”. Una volta ho provato a fare una crostata con loro. Mia zia lì a spiegare: “metti la farina, fai questo, poi quello”. E alla mia inevitabile domanda: “ma quanta farina?”. La risposta è stata: “quanta se ne prende!”.

Andare “a occhio” è il vizio di molte cuoche ciociare, ma man mano che ci si esercita nel fare dolci, si comprende anche il senso di una frase vaga come “quanta se ne prende”.

Lorenza

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